Tassare le sigarette elettroniche nuoce gravemente alla salute individuale e pubblica

L’Università di Yale ha condotto uno studio sull’uso di tabacco e fumo alternativo secondo cui è emerso che tassare le sigarette elettroniche possa diventare un vero e proprio incentivo a tornare alla sigaretta analogica, con conseguenze disastrose sul piano della salute e del benessere.

Gli aumenti delle tasse sul vaping

Il dibattito su come e quanto tassare le sigarette elettroniche, gli aromi e i liquidi, a seconda o meno della presenza di nicotina e della concentrazione di tale sostanza al loro interno, infiamma da qualche anno l’ambiente dello svapo, alla ricerca di una quadra che lasci produttori, utenti, supervisori sanitari e fisco soddisfatti.

Il problema è più che spinoso, data la mole di prodotti esistenti e l’esigenza di categorizzarli secondo parametri spesso non facili da individuare.

D’altra parte, il tentativo di scoraggiare qualsiasi tipo di fumo, sia esso di sigaretta o di dispositivi elettronici, è stato sinora combattuto solo tramite la leva fiscale, pur essendo un disincentivo coercitivo e non propositivo.

Di certo, dall’inizio del 2022, in Italia, ma anche all’estero, si è assistito a un aumento della tassazione sul vaping, in particolare sul mercato dei Mix&Vape, e con messa alla berlina di aromi, come quello al mentolo, o di altri liquidi reputati dannosi dalle organizzazioni che si occupano di sanità pubblica.

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Tassare le sigarette elettroniche fa male

Tassare le sigarette elettroniche

Ma non è un problema solo di tasche: l’aumento della tassazione sui prodotti da svapo può davvero nuocere gravemente alla salute!

Secondo il recente studio dell’Università di Yale, a cura di Abigail S. Friedman e Michael F. Pesko, pubblicato sulla rivista “Addiction”, infatti, tassare le sigarette elettroniche porterebbe nella maggior parte dei casi, specialmente tra i giovani adulti con età compresa tra i 18 e i 25 anni, a un ritorno al tabagismo, considerato tutto sommato meno oneroso.

I risultati hanno messo in evidenza come all’innalzamento del prezzo di un dollaro per millilitro di liquido per sigaretta elettronica corrisponda da una parte la riduzione del 2,5% degli svapatori abituali, ma dall’altra dell’incremento del 3,7% di fumatori.

La ricerca, condotta su quasi 39.000 persone, ha dunque proiettato uno scenario inquietante per la salute individuale e pubblica.

Cosa spinge a tornare al tabacco

Considerando che la fascia d’età presa in esame è quella maggiormente soggetta alla transizione fa fumo caldo a fumo freddo, per una questione di sperimentazione e curiosità, ma anche per presa di consapevolezza sulla propria salute, il dato non stupisce più di tanto: sono infatti i giovani adulti quelli più sensibili alle variazioni di prezzo e che, pur di non rinunciare a un piacere personale, scelgono l’alternativa che costa di meno.

Ma se questa alternativa è di gran lunga peggiore in termini di sicurezza e benessere, bisogna necessariamente correre ai ripari: le prove che le sigarette tradizionali siano molto più pericolose di quelle elettroniche dovrebbero quindi portare a una revisione degli oneri sul vaping.

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Prima di tassare le sigarette elettroniche, secondo gli autori dello studio, bisogna quindi valutare attentamente la politica fiscale su di esse, facendo in modo che il fumo alternativo risulti sempre più appetibile, anche economicamente, di quello da tabacco combusto.

Ciò vale soprattutto perché il fumo di sigaretta elettronica va diffondendosi soprattutto nelle fasce di età più giovani, anche minorenni, che andranno a infoltire proprio il range 18-25 e che quindi sono fortemente più a rischio di sviluppare una dipendenza da tabacco e da nicotina.

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